Quasi tutti i pensatori e i movimenti culturali pongono
all’uomo un obiettivo, che può essere storicamente individuato nella felicità,
nella realizzazione, nella conoscenza, nella salvezza eterna, … . Oggi c’è da
riflettere su un punto particolare: che cosa dobbiamo intendere per “conoscenza”
salvifica. Con l’avvento del Cattolicesimo, il paradigma umano della teleologia
e dell’escatologia si focalizzano e si strutturano sulla fede. “Chi crede ed è
battezzato” si salverà. Nelle concezioni umane, non sempre si parte dal
presupposto che l’uomo debba salvarsi, debba risorgere, debba possedere o
sperimentare una vita eterna. Tuttavia, laddove il problema è sorto, è
altamente necessario definire questo scopo salvifico. Credere in Qualcuno, in
qualcosa oppure conoscere? Apparirebbe semplicemente contraddittorio pensare
che la conoscenza in Tommaso d’Aquino possa essere paragonata in qualche modo
alla conoscenza gnostica. Il Vangelo appare più in linea con una
interpretazione del “cuore”. Non solo si salva chi conosce Dio, ma colui che
crede nel Figlio, generato dal Padre e venuto nel mondo, come dice Giovanni,
per far in modo che gli uomini vivano in eterno. Nella Scolastica si pone
questa duplice interpretazione tra conoscenza salvifica (sulla base della circostanza
che nell’uomo esistono facoltà superiori collegate con la conoscenza) e fede
del cuore. Le parole non sono mai queste, per definirlo, ma sono quelle della
teologia universitaria della Scolastica. Però, detto questo, appare importante
verificare cos’è la conoscenza salvifica nello gnosticismo, altrimenti la linea
di demarcazione si sfuma troppo. Nello gnosticismo ci si salva, o si vive, in
virtù di una potenza propria e di un percorso di conoscenza individuale. Nel
Cattolicesimo e nella filosofia e teologia tomistiche, questa conoscenza è
invece il fine ultimo dell’essere umano. In effetti, Mt 6 ci conferma che “La
lampada del corpo è l’occhio” e il risultato della conoscenza può essere
alterato dall’interiorità dell’uomo, scavata dal peccato. Gesù conferma che è
da dentro che viene il male, non da fuori. Dunque: l’alterazione cognitiva, l’alterazione
conoscitiva e l’alterazione teleologica della conoscenza delle cose ultime può
venire dall’uomo a causa del peccato e infangare il processo di santificazione.
Nello gnosticismo, invece, tutto ciò è una paradossale risorsa, nel senso che
invece è il mondo esteriore il regno delle tenebre e il mondo dell’ascesi
individuale di natura esoterica quello della emancipazione dal mondo. Nello
Gnosticismo è “l’anti-cosmismo” a farla da padrone (si vedano le riflessioni di
Mezzetti, “Voi, chi dite che io sia?”, Ed. Elledici, 2007). Nel Cattolicesimo,
conoscere Dio viene dall’adesione, però, ad un percorso di grazia santificante
che viene dall’alto e non dal basso. E’ importante, quindi, il fatto che la
definizione della provenienza e direzione dell’impulso salvifico, che porta l’uomo
verso la salvezza, è capace di orientare in senso salvifico o satanico un’intera
filosofia escatologica. Nel Corano “gli uomini di solida scienza” sono i
credenti, la conoscenza di Dio non è solo metodologia salvifica, ma è anche il
fine ultimo, per cui si può dire che l’obiettivo è la conoscenza del Dio
Eterno, ma tuttavia il percorso per arrivare a tale conoscenza dipenderà dall’avere
l’uomo risolto un problema presupposto, cioè se c’è omologia tra le tecniche
umane di conoscere e la conoscenza intesa come fine e se le prime possano in
qualche modo fare perseguire la seconda, cioè la conoscenza del Bene Eterno.
Approfondimenti: Voi chi dite che io sia?